E’ arrivato Schulz
Se non cresce la Germania può crescere l’Europa?

Il presidente del Parlamento europeo, il socialista Martin Schulz, in visita a Torino, si è detto d’accordo con il premier italiano Matteo Renzi: “abbiamo bisogno di una filosofia e di una strategia della crescita”, e come monsieur de Lapalisse, ha aggiunto che “se non c’è crescita in Italia, non ci sarà crescita in Europa e viceversa”. Se Schulz, bontà sua, è disposto a considerare gli investimenti del futuro cosa diversa dall’indebitamento italiano, ha ricordato comunque che i criteri di Maastricht devono essere rispettati, cosa che Renzi sembra voler fare. Schulz è convinto che “dobbiamo utilizzare tutti i mezzi che abbiamo a disposizione per creare crescita e soprattutto occupazione”. Da qui un dilemma: constatato che l’Italia ha rispettato i suoi criteri in materia di deficit, se poi, nonostante ciò non si vede né la crescita né tantomeno l’occupazione, a che serviva rispettare tali criteri? Allora va bene: Renzi non vuole esautorare Maastricht, ma come si riesca ad anticipare qualcosa di utile per aiutare la crescita e l’occupazione, rispettandone i criteri, non lo capisce nemmeno Schulz. “L’Italia è un paese del G8”, ha detto l’esponente del Pse, ammettendo però che spesso, quando si reca in Italia, ha come l’impressione che gli italiani dimentichino questa realtà. In Germania, invece, dove ovviamente nessuno dimentica il G8, il governo di cui i socialisti fanno parte, introdurrà, a partire dal 2015, il salario minimo di 8,50 euro l'ora. Il ministro del Lavoro, il socialdemocratico, Andrea Nahles, ha preparato il disegno di legge e lo ha sottoposto ai suoi colleghi e alla Merkel. Nessun settore sarà esentato. L’introduzione del salario minimo è uno dei capitoli più importanti del Patto di grande coalizione, una delle bandiere del partito a cui appartiene Schulz. Mentre in alcuni dei 21 Paesi dell'Unione dove il salario minimo è già garantito, esistono eccezioni per gli apprendisti e i più giovani, esattamente come chiedevano anche gli imprenditori tedeschi che volevano escludere i lavoratori fino a 21 anni e i disoccupati di lungo termine. Temono che la paga di 8,50 euro possa portare a ingenti perdite di posti di lavoro o addirittura ad escludere per sempre molti disoccupati dal mercato. Ora noi non siamo in grado di dare una valutazione completa del Job Act di Renzi. Questo ancora deve essere presentato interamente ed è un piano molto complesso, come si capisce anche solo delle critiche e dai consensi che ottiene, ad esempio, la Cgil si è divisa in tre. Si consiglierebbe a tutti una maggior prudenza. C’è invece già chi sostiene che il Job Act non snellirà il lavoro e non rilancerà l’occupazione, anche se forse siamo solo di fronte ad una contestazione politica e non di merito. Il provvedimento del governo tedesco di cui fanno parte socialisti e popolari, è invece indiscutibile nel suo esito. Non servirà affatto a far crescere la Germania, al contrario. Per cui chiederemmo volentieri noi a Shulz: se non crescerà la Germania è possibile pretendere che cresca l’Europa?

Roma, 21 marzo 2014